sabato 30 ottobre 2010

e viaz

(26)

Si fermarono al primo bar che trovarono sul loro cammino, lo stesso in cui Pavol si era fermato poco prima, i soliti marinai guardarono i nuovi avventori con sguardo stupito, la presenza di clienti non abituali lì non era certo frequente.
I due andarono a sedersi a un tavolo in fondo alla sala, Julius riprese possesso del flipper sfrattando col solo potere di una smorfia un paio di mocciosi, erano a sedere uno di fronte all'altro, in silenzio, di solito era Aziz quello che attaccava bottone, ma da quando si era accorto che gli altri non lo capivano più, aveva deciso di tacere.
Pavol allora si fece coraggio e chiese ad Aziz che cosa desideresse bere, Aziz guardò verso il bancone del bar, proprio sopra la testa del barista c'era la fila delle bottiglie di super alcolici, ne indicò una o quello almeno fu il ragionamento che fece.
“Che c'è Aziz, perchè non dici niente?”
Aziz bisbiglio
“An vòi piò scor”
“Cos'hai detto?”
“Gnit, a t'ho det c'an vòi piò scorar”
ribadì Aziz leggermente alterato
Pavul si ammutolì, ripensando a ciò che gli avevano raccontato i marinai.
Aziz però aveva sete e visto che nessuno aveva capito che voleva scolarsi quella bottiglia con l'etichetta nera e il numero 90 si alzò, passò dall'altra parte del balcone e andò a prendersela, il barista intimorito non osò fermarlo, gli porse solo due piccoli bicchieri che Aziz aveva chiaramente indicato con l'indice sinistro.
Pavul ricordava che Aziz era astemio o meglio c'erano questioni di fede per cui Aziz non aveva mai toccato alcolici o carne di maiale, vederlo con una bottiglia di superalcolico in mano lo sconcertò e non si trattenne da chiedere apprensivo
“Cosa fai?”
Aziz senza badarlo aprì la bottiglia versando un po' del suo contenuto nei due bicchierini, uno lo avvicinò a Pavul, l'altro lo appoggiò sul flipper sussurrando a Julius
“Va pian che brusa”
Per lui si tenne la bottiglia.

venerdì 29 ottobre 2010

letto a ½ piazza

(incubi che si ricordano)

ritrovarsi a dormire in una camerata, dentro a un letto a 1 piazza chiuso da sbarre laterali e doverlo dividere con uno sconosciuto al di là di un separatore.

giovedì 28 ottobre 2010

avrei voluto avere una band

 (i miei primi 40 anni e probabilmente anche gli ultimi)

mancando 6 mesi ai 40 anni mi stavo chiedendo se fosse il caso di mettermi a scrivere un'autobiografia, probabilmente no, anche se qualche pagina avrebbe il suo chè

mercoledì 27 ottobre 2010

se stia imparando a credere nel mio lato migliore

(pensare troppo forte)

Manca appena un mese al MEI e poco più alla fine dell'anno, è tempo di bilanci musicali, di premi e riconoscimenti.
Tra le cose più importanti e piacevoli di quest'ultimo periodo è l'assegnazione del Premio Fuori dal Mucchio, istituito dalla storica rivista musicale per il miglior esordio, a Simona Gretchen.
Importante perché è un premio che va a una ragazza, veramente brava e soprattutto fuori dagli schemi “sanremesi” a cui siamo abituati quando pensiamo alla musica italiani virata al femminile.
Il piacevole è quello di poter pensare: l'avevo detto un anno fa che Gretchen pensa troppo forte sia un gran bel disco.

Fockus

lunedì 25 ottobre 2010

cari blogger dell'olimpo

(lettera aperta ai blogger di successo che non la leggeranno mai)

Cari Blogger dell'Olimpo,
ho una prece da inoltrarvi,
voi che ad ogni post che fate
anche quando son boiate
che ogni tanto ricopiate
da altri blog che voi leggete,
ricevete a quintalate
visite affezionate,
mi spiegate come fate?
qual'è il trucco, la magia
per ricevere commenti
seri, buffi o deficienti
di quei troll troppo invadenti?
conta il tema che trattate o
è importante come fate?
conta più uno sfondo bello
o uno spazio laterale
da riempir con questo o quello?
è importante la costanza?
la presenza nella rete?
segnalarsi, segnalare?
orsù, dite come fare
per ricevere non cento
ma suvvia qualche commento
tante visite curiose
che son cose deliziose
per chi scrive per diletto
ma non sa se viene letto

un vostro devoto lettore

domenica 24 ottobre 2010

e viaz

(25)

A Pavol cominciò a battere forte il cuore, indeciso se procedere a scoprire la verità o tornarsene indietro.
Toccò a Julius fare la prima mossa, stoppò un pallone che andava a tutta velocità dritto nel laghetto e invece di renderlo ai bambini che giocavano nel prato poco più in là con un passaggio di piatto destro, sollevò il pallone di quel tanto da imprimergli una traiettoria a palombella proprio in direzione della panchina.
“Gooool!”
Il pallone colpì l’ uomo sdraiato proprio alla bocca dello stomaco
“Mo boia de singuler!”
borbottò
I bambini non avevano il coraggio di avvicinarsi al pallone che nel frattempo aveva rimbalzato dentro a un aiuola di rose e lavanda.
Julius invece non si fece troppi problemi, passando proprio vicino alla panchina andò coi piedi nell’ aiuola e prima di tirare via il pallone non pensò altro che urlare
“Pallaaaaaaaa!”
e là, una sivella degna del miglior bomber teutonico.
Pavol non si aspettava certo un proiettile del genere, a stento riuscì a intercettarlo prima di essere colpito al basso ventre.
La palla rimbalzò quattro volte poi andò a rotolarsi fino alla panchina dove un uomo ancora assonnato stava slisciandosi una barba argentea che contrastava perfettamente col colorito bronzeo della pelle.
I bambini padroni della palla, intanto, si erano strategicamente allontanati dalla situazione.
Era come nella scena cult di uno spaghetti western quando tutte le comparse svaniscono lasciando il campo soltanto agli attori protagonisti, c’ erano Julius Linguaveloce a destra, a sinistra stava Pavol Tricheco e in mezzo ai due Aziz Bin Moah.
Poteva sembrare un duello impari o un triello, se mai possa esistere un termine del genere, ma la palla era in mano ad Aziz.
Se la stava rigirando in tutta la sua rotondità da una mano all’altra, percorrendo paralleli invisibili lasciati dall’attrito della ghiaia, la fece rimbalzare per terra riprendendola subito dopo nella morsa delle sue grandi mani, facendo questo si alzò in piedi mostrandosi in tutta la sua altezza, elegante nel suo completo grigio polvere.
Si guardò attorno, guardò la palla,riguardò attorno a se, vide Pavul e Julius, vide che lo guardavano, vide che si guardavano.
“Cs' avi da guardé?”
Ci fu un silenzio carico di dubbio, se mai quell’uomo fosse stato veramente Aziz come mai parlava quello strano idioma?
“Sono Pavol Tricheco, ti ricordi di me?”
Ci fu altro silenzio ma nell’archivio interno di Aziz il violinista qualcosa cominciò a muoversi tornò ad aprire vecchi armadietti abbandonati nel tempo e nello spazio, giunse alla fine di fronte a un vecchio armadietto di legno da dove estrasse un vecchio fascicolo impolverato, lì poteva leggere ancora un unica frase: Pavol Tricheco il mio primo amico.
Lasciando il fascicolo aperto sul tavolo sorrise, mentre due lacrime allegre gli scivolavano sulle guance.
Pavul e Aziz si abbracciarono lungamente e appassionatamente, facendo parlare solo i loro respiri, poi Julius Linguaveloce intervenne come può intervenire un pivello pirata che non conosce le buone maniere:
“Ooh! Vecchie checche le palle ce le ho secche, andiamo a far qualcosa, rubare in  una casa, spaccare un po’ di ossa, andare un po’ in carrozza”
Pavol e Aziz per tutta risposta cominciarono a incamminarsi abbracciati come due vecchi amici ubriachi cantando una vecchia canzone da osteria, ognuno la propria, Julius alla giusta distanza li osservava e non capiva.

mercoledì 20 ottobre 2010

è questione di digestione

(6 anni)

A 6 anni si comincia ad essere già grandicelli, si passa dalla scuola materna a quella elementari, si impara a leggere, a scrivere e a far di conto.
Si va a scuola e si sta seduti composti al banco che se non lo fai la maestra poi ti fa una nota e a casa sono guai.
A casa, prima di giocare o di guardare i cartoni animati alla tivù, bisogna fare i compiti e alla sera a letto presto possibilmente dopo carosello.
A sei anni non sai ancora nulla del mondo là fuori eppure ne fai già parte, sei stato già divorato e dovranno passare ancora almeno altri tantissimi anni, e non è mica detto bastino quelli, prima di essere digerito.

dedicato a Cose dell'Aldo mondo che in questi giorni compie 6 anni e a me che da quando ho un blog c'ho messo dentro quasi tutto me stesso, nell'attesa di essere “digeriti” entrambe.

lunedì 18 ottobre 2010

e viaz

(24)

Si pensò che il proiettile che lo colpì alla spalla avesse leso qualche nervo che non si sa bene con quale effetto domino aveva intaccato la zona del cervello adibita al linguaggio e al raziocinio.
Fu trasportato d’urgenza in una clinica per malati mentali in una località segreta, lì provarono a curarlo, a far tornare il vecchio Aziz, quello dalla parlantina sciolta, quello che col violino faceva innamorare le ragazze soprattutto se suonava Help o Ticket to ride o Lady Jane o Yesterday, ma che si innamorò di Fatima fin dal primo giorno di prima elementari.
Fatima che si chiamava proprio così dalla nascita, in onore della Madonna.
Tutto inutile, Aziz continuava a parlare con la sua nuova lingua, e non è che parlasse molto, anzi spesso taceva, ma non perché non sapesse cosa dire ma perché non aveva voglia di dire niente, e poi si era rotto di tutta quella gente attorno a mala pena riusciva a sopportare Fatima e poi mai che si potesse aver un attimo di intimità con la propria moglie, c’erano sempre presenti almeno 2 infermieri e le telecamere a circuito chiuso che filmavano ogni suo passo.
Passarono gli anni e Aziz non uscì più dalla clinica, Fatima fu l’ultima ad abbandonarlo mentre fu il trentatre barrato ad abbandonare Fatima distesa esanime sull'asfalto, quel giorno che c’era lo sciopero dei tranvieri.
Chi guidava quel tram non si seppe mai, qualcuno notò due grandi enormi ombre scure.
Quando Pavol Tricheco trovò la casa di Aziz, non la trovò come un tempo, possibile che Aziz si fosse trasferito?
Chiese informazioni al vicinato, nessuno seppe dargli risposta, sul campanello c’ era ancora il cartellino sbiadito:
Aziz Bin-Moah e Fatima Mariani.
Pavol andò oltre, poi tornò indietro verso il porto, ormai convinto che Aziz non abitava più in quella città, cercò Julius e lo trovò mentre giocava con un flipper in un bar pieno di vecchi marinai, entrò anche lui e si appoggio al banco ordinando una media scura.
Mentre sorseggiava la schiuma volle fare un ultimo tentativo e chiese al barista se per caso avesse mai sentito parlare di un certo Aziz il violinista, tutto il bar si ammutolì solo la pallina del flipper seviziato da Julius continuava sbatacchiare in qua e in là.
Lì qualcuno sapeva.
Alcuni marinai invitarono Pavol a sedersi al loro tavolo, a uno sguardo veloce poteva sembrare che Pavol fosse uno di loro, stesso maglione di lana grossa, stessa barba incolte, stessi baffi spioventi, stesso odore di tabacco, gli raccontarono di un matto che parlava strano e che girava con un violino e che tutte le notti di luna piena andava al cimitero e suonava serenate alla tomba di una certa Fatima Mariani morta investita da un tram.
D’accordo, Aziz suonava il violino, e sua moglie si chiamava Fatima Mariani”
pensò Pavol tra sé e sé
Ma matto e che parlava strano?”
Questa poi non sapeva dove mettersela
E dove lo posso trovare?”
chiese ai suoi nuovi amici.
Lo trovi certamente al parco, dorme sempre su una panchina vicino al laghetto”
gli rispose il più vecchio del gruppo.
Chiamò Julius e insieme uscirono veloci verso il parco.
Hei lo sai ho fatto il botto, col flipper oggi ho sbancato il lotto,
dovevi vedere come girava la pallina ma che faccia hai? sembri venir dalla cantina?”
Pavol non aveva voglia di parlare, lo sguardo dritto a tre metri davanti a se giusto per non incespicare in qualche sampietrino messo male, sudava dagli occhi.
Anche a Julius passò la voglia di parlare, ormai conosceva abbastanza bene Pavol da capire che quello era il momento di tacere, fisso anche lui lo sguardo avanti di tre metri e insieme giunsero al parco.
Il laghetto si trovava proprio nel centro del parco, un laghetto tondo come un cratere dove nuotavano in armonia natatoria: cigni, folaghe, germani e oche.
Qualche bambino gettava briciole di pane tra le sbarre del recinto, guardando ammirato i pesci venir a pelo d’ acqua a papparsi il briciolo.
Su una panchina poco più in là un uomo sdraiato la occupava per intero.

sabato 16 ottobre 2010

smorz e light

(incubi che si ricordano)

Sapere di doversi svegliare presto, perdere tempo a fare zapping tra l'altro inutilmente poi decidere finalmente di andare a letto quindi non riuscire a spegnere tutte le luci di casa a causa di un misterioso guasto nell'impianto, ovviamente con annessa lite coniugale.

venerdì 15 ottobre 2010

F factor

(my personal PIMPI)

Se chiedete a chiunque cos'è il PIMPI, quasi tutti vi risponderanno che è quella specie di porcellino rosa che fa parte dei personaggi della serie Winnie The Pooh, pochi vi risponderanno che si tratta di uno dei tanti premi organizzati dal MEI (meeting degli indipendenti) che ogni anno vengono assegnati a musicisti della scena musicale indipendente italiana.
Il PIMPI (Premio Italiano Musica Popolare Indipendente) è appunto il premio assegnato alle migliori produzioni di musica folk ed etnoword del 2010 che quest'anno è alla sua prima edizione e proprio in questi giorni sono stati resi noti i vincitori.
A me in quanto organizzatore del festival La Musica nelle Aie è stato dato l'onore di far parte della giuria che ha deciso chi meritava di essere premiato, i risultati finali come a volte capita non sono stati corrispondenti a quanto da me indicato, ma questo fa ovviamente parte del gioco e i musicisti premiati sono meritevoli del riconoscimento, volevo comunque parlare un po' delle mie segnalazioni perché le ritengo delle produzioni assolutamente valide che meritano ascolto e attenzione.
Miglior produzione Etno/Folk revival a Gattamolesta con Czeleste: con il loro urban-folk sono probabilmente una delle non molte realtà indie-folk italiane che ben figurerebbero anche all'estero.
Radiodervish con Lino Minafra e Banda di Sannicandro di Bari con Bandervish: i Radiodervish che già andrebberi considerati il miglior gruppo etnopop italiano colorano una serie di loro brani con i suoni di una banda di paese hanno colorato una serie di loro brani
Peppe Voltarelli con Una Notte a Mala Strana: già leader dei Parto delle Nuvole Pesanti, Voltarelli è tra i massimi rappresentanti del cantautorato folk in Italia, quest'ultima sua opera lo conferma in pieno.
Miglior produzione tradizionale a La Carampana con Archi di tempo: 20 anni di storia e finalmente ecco il loro primo disco, le musiche e i balli della Romagna contadina, prima che il Liscio moderno e le orchestre spettacolo prendessero il sopravvento, qualcosa che rischiava di essere per sempre perduto ed invece eccolo qua. Gli amanti delle musiche tradizionali devono avere assolutamente questo CD nella propria disco-teca.
Miglior gruppo per me sono i Radìs, potevo certamente sceglierne altri e di più famosi ma un gruppo che al suo primo anno di vita fa tantissimi concerti, con un pubblico sempre eterogeneo come raramente capita di vedere, un pubblico che soprattutto diventa ogni volta protagonista merita di essere tenuto d'occhio.
Miglior autoproduzione, qui ho preferito astenermi, tra le proposte che avevo sottomano pur essendoci qualcosa di fatto bene non ho trovato nulla capace di emozionarmi.
Miglior abum d'esordio Slow Migration dei  Roggiu De Mussa Pin_A, non li conoscevo, li ho scoperti proprio mentre cercavo qualche gruppo valido da premiare e quando ho sentito le prime note del primo brano che ho ascoltato me ne sono subito innamorato, il resto non ha fatto che confermare la primissima impressione, 5 musicisti con la M maiuscola per una musica con cui "volare alto".

giovedì 14 ottobre 2010

l'era glaciale

 (incubi che si ricordano)

il cielo tutto ricoperto da uno spesso strato di neve come fosse una grande nuvola

los 33

(La Fenice rinasce dalle ceneri cresce ogni volta)

Quando l'Uomo raggiunse la Luna quel 20 luglio 1969 io non ero che un'ipotesi e mi sono perso quel momento che sicuramente ha emozionato i molti davanti al televisore, uno di quelli che per cambiare quei 2 canali toccava alzarsi dal divano, di quelle magari ancora con le valvole che quando si accendeva lo schermo si vedeva tutto esclusivamente in bianco e nero e i colori si potevano solo intuire o immaginare.
In tutti questi anni di cose ne sono successe moltissime che a volerle ricordare si dimentica sicuramente qualcosa però credo di non sbagliarmi di molto se considero ciò che sta succedendo in questo 13 ottobre 2010  in Chile mille volte più importante di quel lontano 20 luglio.
Certo quel giorno l'uomo conquistò la Luna, un piccolo passo per un uomo, un grande balzo per l'umanità, ma in fondo non era,, appunto, nient'altro che brama di potere, sete di conquista, bisogno di possedere, era soltanto un'altra tacca dopo la scoperta dell'America, la scalata dell'Everest, il raggiungimento dei Poli, eccetera, eccetera.
Beh questa volta si tratta di tutta un'altra storia,qui si vede la grandezza dell'Uomo da tutti i punti di vista non ultimo la capacità di aiutarsi nei momenti di difficoltà, un vero e proprio miracolo in questi tempi di individualismo sfrenato.
Qui si tratta di 33 persone considerate morte che rinascono, si tratta di feti che a un certo punto ti accorgi che ci sono perché li senti muovere nel ventre di madre terra e poi dopo un lungo travaglio finalmente vengono partoriti uno dopo l'altro, tutti gemelli.
Poter guardare tutto questo grazie a Internet, senza gli inutili commenti televisivi, sentendo solamente il tlank tlank della capsula Fenix che sbatte sulle pareti di roccia mentre torna su dalle viscere della terra, sentire gli applausi, le grida e i canti di gioia dei soccorritori, vedere i volti sorridenti dei mineros appena la capsula si apre, le lacrime di gioia e i baci appassionati di mogli, compagne e figli è ogni volta una riconciliazione con la vita

domenica 10 ottobre 2010

ceci n'est pas une guerre?

(e bomba non bomba)

La Costituzione della Repubblica Italiana, nell'Articolo 11 riguardo alla guerra è abbastanza chiara e dalla fine della seconda guerra mondiale per qualche decina di anni i governi che si sono succeduti hanno dato l'impressione di onorarla, poi con la Prima Guerra del Golfo nei primissimi anni '90 qualcosa è cambiato ed è molto probabilmente che tutto ciò abbia a che fare con la fine della così detta guerra fredda che evidentemente aveva letteralmente congelato ogni inclinazione bellicosa che appena è stato possibile liberare è venuta fuori, regolarmente mascherata dal termine "missione di pace".
Negli anni si sono succedute numerose “missioni di pace” l' ultima della quali quella che vede l'Italia impegnata in Afghanistan, una missione promossa in primis dagli Stati Uniti con lo scopo di contrastare il terrorismo internazionale in seguito a quanto capitato l'11 settembre 2001 ritenendolo opera di Al-Qaeda e del suo capo Osama Bin Laden protetto e appoggiato dal regime Talebano che in quegli anni comandava a Kabul.
Affiancata per alcuni anni alla gemella “missione di pace” in Iraq quella in Afghanistan si sta prolungando più del previsto e sta portando conseguenze impreviste (ovvero che capita con sempre più frequenza di vedere i militari italiani rimanere ammazzati) almeno per coloro convinti che si è là presenti per portare la democrazia giacchè c'è l'incomprensibile convinzione di ritenere gli Italiani per diritto supremo simpatici a tutti, pure al nemico.
Ora, io posso capire che esprimere giudizi o opinioni dalla tranquillità che permette l'essere fisicamente distanti da quei luoghi possa essere mal interpretabile perchè tutto non è altro che conseguenza di una cultura personale che porta ad essere imprescindibilmente o pro o contro ed è per questo motivo preferisco far parlare qualcun altro, qualcuno che ritengo insospettabile e sa come stanno le cose:
Scarichiamo tonnellate di roba, bombe al fosforo, a frammentazione, addirittura ancora il napalm, uccidiamo civili, radiamo al suolo colline
Parole dure come pietre e taglienti come lame scritte da Gian Ruggero Manzoni nel suo profilo FB qualche ora fa.
Afghanistan: quattro italiani uccisi e un ferito

venerdì 1 ottobre 2010

un mese di merda

(e di altri liquidi biologici)

Si sa che settembre d'altronde è feroce, lo è sempre stato fin dai tempi della scuola quando finite le vacanze estive il tempo ricominciava ad avere ritmi precisi e scanditi.
Ricominciare a fare un lavoro che non facevo da tantissimo tempo (anzi in quella situazione non ho praticamente mai fatto) e farlo nel mese di settembre è stato come uscire da una lunghissima vacanza, di quelle quando si cambiava scuola e non sapevi chi fossero i compagni e i professori.
Ansia e tensione, tanta all'inizio un po' meno alla fine quando la paura di fallire cala con l'esperienza o la rassegnazione, col conoscere l'ambiente e i vari modis operandi.
Le situazioni di disagio fisico e psichico, che a causa di un grosso trauma avevo a un certo punto deciso di tenere lontane dalla mia vita il più possibile, mi si sono parato davanti come un'opportunità che non potevo non cogliere anche se sapevo che sarebbe durata appena un mese (o forse proprio per questo l'ho colta senza tentennamenti) ma l'importante era riaprire quella porta.
Di questo settembre, tra un po' di tempo con ogni probabilità dimenticherò alcuni nomi e alcuni volti, mi piacerebbe che gli ultimi a non ricordare più siano quelli dei vecchietti e delle vecchiette a cui ho pulito il culo e dato da mangiare, corpi incapaci di muoversi autonomamente martoriati da piaghe, ferite e incontinenza totale, menti confuse o completamente andate, gente più di là che di qua, autorità umiliata.
I vari modi di richiedere aiuto e attenzione: l' “aiutooo!” gridati a bassa voce, l'insistente “aiutami, dammi qualcosa” ripetuto a macchinetta, come il misterioso “dammi la pace delle tombarelle”, i vari lamenti ma soprattutto i silenzi di chi ha rimasto soltanto gli occhi per farsi capire e poi tanta merda (e anche un po' d'influenza).
Dicono che “mucha mierda” porti bene, chissà.